Tre film asiatici dal FEFF

Tre film asiatici

Questi tre film asiatici dal Far East Film Festival sono ideali per parlare un po’ di concezione del cinema e di modelli narrativi. Sono infatti molto indicativi per tracciare un confronto tra un certo tipo di produzione orientale e quella occidentale tutta, che segue fondamentalmente un unico grande canone.

L’epica del “e poi, e poi, e poi”

Siamo di fronte a tre film in cui la storia risulta elemento irrilevante nell’economia del tutto. Infatti la storia non esiste proprio. Si può parlare di eventi che si susseguono uno dopo l’altro ma la cui sequenza è disconnessa dalle minime regole della struttura narrativa accademiche. Inizio e conclusione sono esclusivamente punti cardinali e niente più, in mezzo non si trova alcun sviluppo. I personaggi non cercano nulla, quanto meno nulla che possa per loro essere essenziale, i personaggi non cambiano e non praticano alcuna scelta che segna alcuna sorte, destino o percorso alternativo. Sono il prodotto di un senso del gusto che è molto lontano da quello del cinema occidentale.

Questi tre film asiatici sono gli epigoni di questo filone molto seguito nei mercati orientali: tutto si sintetizza in una esperienza visiva, un diario quotidiano realista senza essere neorealista perché manca… il realismo. Tutto quello che vediamo sono ottime inquadrature dai colori sgargianti e pieni di un racconto che non rimanda a nulla e che non è la metafora di niente. 

Phantom di Lee Hae-young – Corea del Sud

Phantom vorrebbe essere entertainment puro, parte come storico e poi si trasforma (senza un principio di evoluzione) in thriller nero, poi in spy story per finire neanche a metà film con una scena che cita Singing in the Rain e poi il videoclip Smooth Criminal di Michael Jackson lanciandosi nel musical. Follia pura perché non ci sono scelte e trovate autoriali, cosa necessaria quando si vogliono inserire codici così diversi tra loro. Gli stili sono mescolati solo per il piacere (?) di vedere mescolare le carte e per vedere cose diverse tra loro. La produzione è evidentemente da grande film, ma un montaggio fondamentalmente sconclusionato e mancanza di armonia del tutto portano a qualcosa di difficilmente comprensibile.

Phantom di Lee Hae-Young, un film dalla Corea del Sud
Phantom di Lee Hae-Young, un film dalla Corea del Sud

Abang Adik di Jin Ong – Malesia

Titolo originale: Fu Dou Ching Nian.

Abang Adik vuole essere crudo, e parte abbastanza solido, ma poi cade in una modalità del “e poi, e poi, e poi”, che è l’impersonificazione del male nella scrittura per lo svolgimento di una storia, come si insegna anche nel più economico corso di coach speaker. Vediamo fratelli che si aiutano, che si parlano, che scherzano, che dormono nella stessa povera stanza. Uno dei due è sordo, perché ovviamente ogni personaggio deve avere il suo grosso limite. Ma questo handicap non si scontra con niente altro se non che costringe gli altri a parlare con il linguaggio dei segni, non è fattore di sviluppo della storia. Il drammatico evento che segna la parte centrale non risolleva la tensione del film poiché non basta un colpo di scena se questo non è stato preparato a dovere prima. 

ABANG ADIK DI JIN ONG - MALESIA
Abang Adik di Jin Ong, un film malese

A day off di Fu Tien-Yu – Taiwan

Day Off dimostra che l’emorragica mancanza di elementi può non aver limiti. La narrazione è fatiscente nella sua attenzione ai dettagli e nella cadenza dei dialoghi che non sono dialoghi ma colloqui, che è una delle regole base da evitare come da manuale dello sceneggiatore. E’ un diario di giornata, qualcosa che potrebbe forse andare bene su canali social dove la fruizione è totalmente diversa. Vediamo rapporti familiari, parenti che parlano con parenti, o clienti che scambiano battute con la signora parrucchiera. Ma nulla c’è da aspettarsi perché prevedibilmente nulla avviene.

Diverse culture, diversi linguaggi. E’ sempre bello poter constatare la diversità di punti di vista, di espressività. C’è tutto un pubblico che ha bisogno di questo e ben vengano prodotti di tale natura. Il mercato è grande e tutto ciò che alimenta il cinema non può che esser visto come buona cosa, inclusi questi tre film asiatici che aprono la porta verso un modo di raccontare diverso.

Far East Film Festival, sito ufficiale.
Un film dalla Mongolia: The Sales Girl di Janchivdorj Sengedorj – di Daniele Lunghini