Il lavoro d’animazione Seoul Station è il prequel del bellissimo film Train to Busan, film horror del 2016, e per molti versi ne riprende lo stile sia nel modo di interpretare gli zombie sia nell’analisi dei personaggi.
L’animazione è di buon livello, senza sfoggio di eccessivi effetti speciali ma adatta ad un film zombie, con personaggi ben caratterizzati e credibili come design oltre che come tratti psicologici. In realtà è meno splatter di molti film contemporanei, pur se certamente non adatto a bambini né per le scene violente né per i temi trattati. Non viene spiegato in nessun modo da dove arriva il virus che trasforma in zombie, ma vedendo che ancora ci sono opinioni contrastanti sull’origine del coronavirus è anche accettabile che in un film questo sia di secondaria importanza. Seoul Station è scritto e diretto da Yeon Sang-ho, creatore anche di Train to Busan e del successivo, ma meno convincente, Peninsula.
Società e sopravvivenza
La storia inizia come un classico horror, con la minaccia ancora contenibile del contagio tramite i morsi degli zombie, ma fin da subito sono gli esseri umani con la loro indifferenza al dolore altrui a lasciare una sensazione sgradevole e una visione pessimistica non solo del futuro, ma anche del presente. Forse perché nessuno di noi si è mai trovato a lottare contro un’orda di zombie, mentre ci si scontra con indifferenza e cinismo più spesso di quanto si vorrebbe.
Se l’orrore di una città invasa da zombie famelici e aggressivi è forte e cresce con il proseguo del film, ancor di più cresce la negatività emanata da molti dei personaggi ancora umani, per lo meno di aspetto, con colpi di scena coinvolgenti perché inaspettati. Spesso i film horror spaventano meno perché le scene sorprendenti non sono molte, mentre in questa storia sfido chiunque a immaginare chi dei personaggi sopravviverà e chi non arriverà vivo alla fine del film, e quali sono i motivi che porteranno al finale.
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