Wu Zetian: donna imperatore

fan bingbing

All’interno della secolare storia imperiale cinese solo una donna può vantarsi di aver regnato come imperatrice di fatto e di diritto (per quanto autoproclamato), e non quindi solo con il ruolo di “madre di” o “reggente”; si tratta di Wu Zetian, donna imperatore.

Prima di essere imperatrice

Wu Zetian 武則天 (nota anche come Wu Zhao 武曌 ) nasce nel 624, durante il regno dell’imperatore Taizong della dinastia Tang, in una famiglia dalle condizioni agiate che le garantisce un’istruzione adeguata. Ben presto viene chiamata a corte come concubina, ruolo che riesce a garantirsi anche sotto il nuovo imperatore Gaozong. Nonostante il rango basso cui appartiene, si circonda di personaggi influenti a corte, che la aiutano a disfarsi dell’imperatrice stessa, accusata di aver strangolato la figlia che Wu ebbe dall’imperatore Gaozong. La potente concubina riesce di fatto a convincere il sovrano a far ritirare il titolo alla consorte, per poi farsi nominare imperatrice al suo posto.

Ascesa e regno di Wu Zetian, donna imperatore

Da qui per Wu inizia un’ascesa al potere inarrestabile, prima appunto come imperatrice-consorte di Gaozong (650-683), mentre successivamente ottiene un sempre più crescente controllo sugli affari di stato all’ombra del trono del figlio, e infine, con astuzia e scaltrezza, si consacra monarca assoluto e prima sovrana di una dinastia da lei fondata, la dinastia Zhou, dal 690 al 705.

Nell’arco di tempo in cui regnò la Cina, indirettamente e direttamente, molte furono le riforme e le innovazioni che portò nel sistema amministrativo e di governo, in primo luogo si adoperò per riorganizzare il Sistema degli Esami Imperiali, in modo da “favorire l’emergere di nuovi strati sociali per rafforzare la propria posizione nei confronti dell’aristocrazia, che le era generalmente ostile”, spiegano i docenti universitari Mario Sabattini e Paolo Santangelo. Si dedicò inoltre alle classi sociali più basse e al loro benessere, come dichiara la politologa Elena Klepikova.

“I suoi vari editti, che hanno contribuito a soddisfare le esigenze delle classi più basse attraverso vari atti di sollievo, di ampliamento dell’assunzione della gentry e dei cittadini precedentemente esclusi al servizio governativo e le generose promozioni dei ranghi più bassi, ha contribuito in larga misura alla sua popolarità in massa”.

Elena Klepikova

La condanna “contro natura”

Wu si assicurò il potere servendosi anche di intrighi e macchiandosi di veri e propri crimini, così come era stata pratica consueta anche presso alcuni dei suoi predecessori uomini. Nonostante ciò il suo regno “assicurò comunque la continuità imperiale e contribuì al consolidamento dell’assetto istituzionale dello Stato […]”, proseguono ad affermare Sabattini e Santangelo. Tutti questi risultati vennero però oscurati dalla storiografia tradizionale, che bollò l’imperatrice come un’usurpatrice, una donna corrotta dall’ambizione, dalla lussuria e spietata oltre ogni limite, in poche parole un vero e proprio demone. Sorge quindi spontaneo domandarsi: come si era guadagnata una così terribile reputazione?
“Essere una donna era parte di ciò, una grande parte” è la spiegazione che ci fornisce lo storico inglese Rana Mitter.

Ma perchè era così disastroso avere una donna al potere? E come Wu Zetian riuscì ad assicurarselo dal punto di vista ideologico per più di un decennio?
La risposta va ricercata nella tradizione cinese, all’interno della quale regna il pensiero confuciano, caratterizzato da una forte gerarchia e da un’impronta patriarcale, nonché principale e secolare strumento di legittimazione del potere imperiale.
Secondo il professor Stephen K. Bokenkamp, l’insegnamento confuciano ha decretato che “il posto di una donna nella società cinese era il mondo interno del concepimento, della famiglia e della casa”. Da questa visione della vera natura della donna connotata da reclusione e da una subordinazione per ‘principio’ alla figura maschile, cui spettava all’opposto un ruolo decisionale, ne deriva il fatto che “avere una donna al potere era una delle circostanze più innaturali che si potessero mai essere immaginate”, come sottolinea Mitter.

L'imperatrice cinese Wu Zetian
Ritratto dell’imperatrice Wu Zetian

Il vero posto della donna

Nonostante Bokenkamp chiarisca che Wu Zetian “accettava pienamente queste spiegazioni archetipiche della natura della donna”, egli prosegue affermando che Wu “le prese sul serio in una maniera che non era mai stata contemplata prima. Le prime memorie che abbiamo del suo pennello già raccontano nuovamente la tradizione sotto un aspetto più profondo: ‘l’interno’, ‘il centro’, sono il posto della donna”.
La sovrana infatti, partendo dalle basi della concezione confuciana del ruolo della donna, si lancia in un’analisi del tutto nuova ed originale della figura femminile, che stravolge la classica visione del suo ruolo di madre e moglie, attribuendole una caratteristica che solitamente era riservata al genere maschile: l’adeguatezza a governare.

Wu compara questo ‘mondo interiore’ che appartiene alla figura femminile con ‘l’interno’ del palazzo, giungendo alla conclusione che, se per natura il luogo della donna è all’interno delle mura, queste mura possono benissimo anche essere quelle del palazzo imperiale e che quindi la donna, in primis tra tutte lei, è per definizione appropriata a regnare.
Benché questa sua deduzione possa teoricamente e potenzialmente inserirsi all’interno del pensiero tradizionale e supportare così la sua ascesa al trono imperiale cinese attraverso metodi consueti di rivendicazione del potere, ella sa che comunque non potrà mai davvero giustificare il suo regno attraverso il confucianesimo, poiché la sua tesi verrebbe aspramente criticata e condannata come un’eresia che aveva osato storpiare gli insegnamenti del Maestro. Ella si vede dunque costretta a rivolgersi ad una dottrina alternativa che, al contrario, contempli la possibilità di un sovrano donna.

La legittimazione divina

Wu trova la soluzione che tanto cerca nel Buddhismo, una religione indiana da tempo radicatasi nel contesto cinese che, nonostante venga influenzata dal pensiero tradizionale e si componga di più correnti ed interpretazioni, mantiene la sua iniziale caratteristica di dottrina universale, ed in parte quindi egualitaria. Essa pone tutti gli esseri umani sullo stesso piano e li dota tutti della medesima possibilità di accedere alla salvezza. Wu diventa quindi una fervente credente e favorisce la diffusione del Buddhismo nel regno, affermandosi prontamente quale protettrice e patrona della scuola buddhista Huayan, che le permette di “scovare una fonte di legittimazione politica […] nel sutra della Grande Nube (Mahamegha-sutra) che profetizzava che, settecento anni dopo la scomparsa del Buddha, una pia donna si sarebbe imposta come sovrana di un impero cui tutti i paesi si sarebbero sottomessi”, spiega la sinologa Anne Cheng.

Così Wu Zetian, forte della consapevolezza che la sua natura di donna la rende adatta a regnare, si fa nominare incarnazione del Buddha, assicurandosi così anche il diritto divino di governare. Fonda e legittima la sua dinastia, alla quale affida il prestigioso nome di Zhou, e sale al trono imperiale, segnando la prima e unica volta in cui una donna compì tale gesto nella storia cinese.

Fonti per Wu Zetian: donna imperatore

Sabattini Mario, Santangelo Paolo, Storia della Cina, Laterza, Editori Laterza, 2018 [1. ed., 1986], p.257-258.
Klepikova Elena, Two Asian Empresses and Their Influence on the History and Religion in Tang China and Nara Japan (VII-VIII cc.), in Studies in Asian Social Science Vol. 4, No. 2; 2017.
Sito BBC, Mitter Rana, Chinese Characters. Wu Zetian : The Female Emperor, accessed 22 December 2020.
Bokenkamp S. R., A Medieval Feminist Critique of the Chinese World Order: The Case of Wu Zhao (r. 690–705), Department of East Asian Languages and Cultures, Indiana University, Bloomington, IN, U.S.A, 1998, p.390.
Cheng Anne, Storia del pensiero cinese, volume secondo: Dall’introduzione del buddhismo alla formazione del pensiero moderno, Torino, Einaudi, 2000, (Histoire de la pensée chinoise, 1997), p. 415-416.

Il primo imperatore cinese, la storia di Valeria d’Angelo