Una tragedia coreana: il naufragio del Sewol

Il naufragio del Sewol

Il naufragio del traghetto Sewol rappresenta tutt’oggi una delle tragedie marittime più grandi che siano mai accadute nelle acque territoriali sudcoreane dal 1993, nonché uno dei peggiori disastri che hanno afflitto la nazione in tempo di pace. Il naufragio del Sewol è datato 16 aprile 2014.

In questo disastroso incidente persero la vita ben 304 persone e vi sono ancora 9 dispersi su 476 persone presenti a bordo. Dei 476 passeggeri a bordo in quel momento, ben 325 erano studenti della Scuola superiore Danwon di Ansan che si trovavano in gita scolastica. Il relitto fu riportato alla luce dai fondali marini sui quali si era poggiato ad una profondità di circa 44 mt. solo il 24 marzo 2017. Dopo questa massiccia operazione di recupero, fu trasportato presso il porto coreano di Mokpo.

Potremmo definire a dir poco inspiegabile il comportamento tenuto dal sito governativo sudcoreano in occasione della tragedia del Sewol, che ricordiamo trasportava in quel momento un gran numero di studenti liceali. Per giorni, infatti, la pagina web sopracitata non fornì nessun genere di informazione rilevante sull’accaduto. Sembrò come se il sito stesse ignorando la gravità della catastrofe avvenuta, continuando piuttosto a fornire esclusivamente informazioni di discutibile importanza, rispetto a ciò che in quel momento stava realmente succedendo nelle acque coreane.

i fatti

Il mattino del 16 Aprile 2014 il traghetto Sewol affondò. Ma fu solamente cinque giorni dopo che il sito korea.net diede effettivamente notizia dei messaggi di cordoglio inviati alla Corea dagli altri stati mondiali. Nel corso di quelle lunghissime cinque giornate, mentre tutto il mondo aspettava ansiosamente qualche aggiornamento sull’accaduto, il sito sopracitato continuava a dare notizie di poca rilevanza, come se l’accaduto non li riguardasse in alcun modo. Il giorno seguente all’annuncio posto sul sito, questa comunicazione ufficiale finì nel dimenticatoio e non furono resi pubblici altri aggiornamenti su questo incidente marittimo. 

Il naufragio del Sewol
Il naufragio del Sewol ha aperto riflessioni sulla cultura coreana
“File: Sewol.jpg” by screenpunk on Flickr licensed in CC BY-NC 2.0

Le cause del naufragio del Sewol

Una zona di mare pericolosa

La zona di mare in cui il traghetto transitava al momento dell’incidente è conosciuta da tutti come una fascia marittima alquanto pericolosa a causa delle potenti ed inaspettate correnti marittime che, fin dalle epoche più remote, hanno causato svariati affondamenti. Possiamo quindi sostenere che la prima causa dell’inabissamento del Sewol fu l’intrinseca rischiosità della zona di mare percorsa dal traghetto lungo la propria rotta.

Inesperienza

Un’altro fattore, questa volta di natura umana, è rappresentato indubbiamente dal comportamento poco saggio del comandante della nave che per tornarsene in cabina, venti minuti prima dell’accaduto, cedette il timone al terzo ufficiale in comanda: una ragazza di soli 26 anni con ben poca esperienza alle spalle. A sud ovest della penisola coreana, nei pressi dell’isola di Pyeongpung, la nave effettuò una accostata. Poiché nella zona in cui avvenne il naufragio non erano presenti scogli di alcuna natura, è stato conseguentemente concluso che la nave non avesse compiuto una tale manovra a causa dello scontro con una roccia sommersa. Va quindi imputato ad un errore umano la causa dello sbandamento subito dalla nave tra le ore 8,48 e le ore 8.49 di quel tristissimo mattino.

Inoltre, questo sbandamento fu così pericoloso e portò alla concretizzazione di questa tragedia poiché causò lo spostamento del carico presente sulla nave e molto probabilmente non dovutamente agganciato. Proprio il rumore causato dal carico, udito dai passeggeri che ne riportarono testimonianza, fu ciò che inizialmente fece credere che la nave avesse potuto impattare contro uno scoglio.

Modifiche inopportune al traghetto originale

Il traghetto Sewol (세월) era una imbarcazione di seconda mano, costruita dalla società giapponese Hayashikane Shipbuilding & Engineering Co. Ltd (con il nome originale di Naminoue Ferry) ed in grado di portare 921 passeggeri più 35 membri dell’equipaggio, dalle 180 alle 220 automobili e 152 container. Il traghetto Naminoue aveva navigato per ben 18 anni, tra il 1994 e il 2012, nelle acque giapponesi per poi essere acquistato dalla compagnia di navigazione sudcoreana Chonhaejin Marine Company Ldt (청해진해운) di Incheon.

Oltre a cambiarne il nome, venne incrementato il numero di cabine passeggeri nei tre ponti superiori. Ciò fece aumentare, quindi, il numero di viaggiatori trasportabili di ben 117 unità. Successivamente al superamento con risultato positivo dei i controlli normativi di sicurezza disposti ed eseguiti dal Registro navale sudcoreano (KR), il traghetto cominciò, nel marzo del 2013, la sua attività in Corea del Sud, percorrendo ogni settimana due o tre volte la tratta Incheon – Jeju. Fu successivamente riferito che, dopo un’ispezione intermedia, il Sewol era stato sottoposto ad un successivo controllo di sicurezza solo un paio di mesi prima del naufragio. La modifica apportata al numero di cabine e quindi di passeggeri trasportabili causò l’aumento esponenziale del peso del traghetto, una cifra che si aggira intorno alle 240 tonnellate. Vi sono ulteriori informazioni a sostegno della tesi secondo la quale fu costruito un ulteriore nuovo ponte sopra all’ultimo preesistente.

Potrebbe essere stato proprio questo consistente aumento nel peso ad aver squilibrato il peso del Sewol. Questa teoria giustificherebbe l’altrimenti inspiegabile capovolgimento della nave. Com’è possibile notare dai rilevamenti e dalle ricostruzioni dell’incidente, il battello si capovolse e iniziò a sprofondare proprio dal lato più pesante, ovvero quello nel quale erano situate le cabine. Il capovolgimento stesso fu la causa dell’immediato imbarcamento di acqua negli abitacoli.

Il naufragio del Sewol
Gran parte delle vittime di questa tragedia erano studenti liceali in gita scolastica
“File: Jeonnam Beauty High School Sports Day.jpg” by cezzie901 on Flickr licensed in CC BY 2.0
Si sarebbero potute evitare tutte queste vittime?

Il tempo totale impiegato dalla nave per affondare nella sua interità fu di due ore e mezza. Nessuno ha parlato di scialuppe di salvataggio, vi è l’ipotesi che queste imbarcazioni di sicurezza non fossero presenti o comunque fossero troppo poche per garantire la salvezza di tutti i passeggeri in caso di naufragio. Le persone sopravvissute a questa tragedia furono tutte tratte in salvo da battelli accorsi sul posto, imbarcazioni private a cui comunque furono rese difficoltose le operazioni di salvataggio da parte della stessa Guardia Costiera.

Durante tutto questo tempo il comandante della nave, Lee Jun-seok, non diede mai l’ordine di evacuare la nave, piuttosto ai passeggeri fu impartito più e più volte l’ordine di restare a bordo, di rimanere nelle proprie cabine, come fu riferito da alcuni degli studenti tratti in salvo. 

Alle 8:52 il diciassettenne Choi Deok-ha effettuò una chiamata al numero di emergenza e alle 8:54 la guardia costiera di Mokpo inviò subito sul posto la motovedetta 123. Alle 9:25 la Guardia costiera chiese al comandante di decidere rapidamente se necessario ed opportuno procedere con l’evacuazione della nave, informandolo inoltre che il primo elicottero sarebbe arrivato nel giro di un minuto, mentre le motovedette nei 10 minuti successivi. Attorno alle ore 9:30 le apparecchiature interne della nave smisero di funzionare impedendo la comunicazione di qualsiasi decisione o informazione ai passeggeri.

La Guardia Costiera sudcoreana e il traghetto che stava naufragando persero i contatti attorno alle 9:38. Tre minuti più tardi arrivarono sul posto le prime motovedette e ad esse si unirono diverse imbarcazioni private nel tentativo di salvare più persone possibili. La nave, quasi girata completamente su se stessa, era ormai sommersa per metà attorno alle 11:18, ed alle ore 13:03 risultava ormai essere completamente inghiottita dalle acque. Da quanto si è potuto dedurre dalle dinamiche del naufragio e grazie alle testimonianze dei superstiti, le ultime comunicazioni fatte tramite l’interfono furono dunque quelle di indossare il giubbotto salvagente, continuare a mantenere quanto più possibile la calma e restare all’interno delle proprie cabine. L’ordine di abbandonare la nave quindi non arrivò mai ai passeggeri.

Studenti: le vittime principali di questa tragedia
Questa tragedia strappò la vita a molti giovani
“File: Honam Horticulture High School Sports Day.jpg” by cezzie901 on Flickr licensed in CC BY 2.0
un ordine è pur sempre un ordine

Per i coreani, un ordine impartito da un’autorità, per quanto sbagliato possa essere o sembrare, rappresenta pur sempre un comando e come tale viene rispettato. A maggior ragione se coloro che ricevono questa disposizione sono dei giovani studenti. Possiamo quindi affermare quasi con piena certezza che un’altra delle cause di questa tragedia fu l’ordine del comandante di rimanere a bordo, unitamente al fatto che gli alunni che si trovavano a bordo del battello lo rispettarono completamente.

Potrebbe anche darsi che all’ultimo istante, in un qualche modo, l’ordine di evacuare la nave sia stato dato. Però la nave a quel punto risultava essere già troppo inclinata. Questa pendenza assieme alla confusione generale, al rumore estremamente alto ed ai corridoi eccessivamente affollati potrebbero aver impedito comunque a questi giovani ragazzi di salvare le proprie vite. Inoltre le operazioni di soccorso furono rese difficoltose dalle condizioni meteorologiche avverse al momento dell’inabissamento e da un generale ostruzionismo ai salvataggi, messo in campo probabilmente dalla stessa Guardia Costiera.

un filmato narra quei tragici momenti

Durante l’affondamento dell’imbarcazione una delle vittime, Park Su-hyeon, fu in grado di registrare un filmato che raccontasse ciò che stava avvenendo all’interno di quella nave, divenuta una vera e propria trappola mortale. In questo video, in un momento iniziale si possono vedere i ragazzi scherzare per la situazione alquanto insolita e decisamente surreale che stavano vivendo, ma ben presto il sospetto che qualcosa di pericoloso stesse accadendo diventò reale. Si può notare un netto cambiamento di espressione ed atteggiamento di questi giovani, che si trovano a parlare tra di loro, nel tentativo di rassicurarsi a vicenda ed informare i familiari della situazione corrente. Il video è riuscito a registrare anche più e più annunci da parte dell’equipaggio nei quali, per l’appunto, veniva raccomandato ai passeggeri di non muoversi e di rimanere al proprio posto.

Le vittime, eroi del naufragio del Sewol

Anche in questa tragedia, come succede solitamente in circostanze analoghe, vi sono delle persone coraggiose che mettono gli altri prima di se stessi fino a giungere a sacrificare le proprie vite pur di riuscire a salvare anche una sola persona. Tra queste persone figurano:

  • Park Ji-young, una ragazza ventiduenne, inserviente nella caffetteria del Sewol. Nonostante gli ordini sventurati dei membri dell’equipaggio, questa ragazza decise di spontanea e personale iniziativa di portare all’esterno della nave molti passeggeri, rifiutandosi poi di salire sulla lancia di salvataggio, trovando qui la propria morte.
  • Jung Cha-woong, un ragazzo diciassettenne che cedette il proprio giubbotto salvavita ad un amico che si era fatto prendere dal panico.
  • Kim Ki-woong e la sua fidanzata Jeong Hyun-seon, entrambi membri dell’equipaggio. Questi due giovani incitarono i passeggeri ad uscire, decidendo poi di recarsi nelle varie cabine della nave per salvare altre persone. Da questa loro spedizione di soccorso, purtroppo, non fecero più ritorno.
  • Yeon Dae-hong, membro dell’equipaggio quarantaseienne. Egli inviò un ultimo messaggio alla moglie dicendole di usare i soldi sul conto per l’istruzione del proprio figlio poiché lui doveva andare a salvare altri bambini, cosciente forse che non sarebbe più tornato a casa ad abbracciare la propria famiglia.
  • Kwon Ji-yeon, una bambina di soli 5 anni, nel naufragio perse l’intera famiglia. Lei invece si salvò miracolosamente grazie al passamano tra le varie persone che da lì a poco avrebbero perso la vita nel naufragio.
gli altari commemorativi

Il 29 Aprile 2014, presso la città di Ansal, il governo coreano allestì un altare celebrativo perenne in onore delle vittime di questa tragedia. Fu scelta proprio questa città poiché risultò essere quella maggiormente colpita dagli avvenimenti, proprio ad Ansal si trovava il liceo frequentato dai giovani che nel naufragio persero la propria vita. Furono moltissime le persone che resero il proprio omaggio alle vittime lasciando un crisantemo di fronte alle centinaia di foto deposte sull’altare. Oltre ai fiori commemorativi furono lasciati moltissimi messaggi all’entrata.

In precedenza, presso il museo Olimpico di Ansan, era stato allestito un altro altare, anche se decisamente più piccolo, al fine di commemorare le prime vittime che il mare stava restituendo, in attesa dei funerali.

Il naufragio del Sewol
Furono istituiti degli altari in ricordo delle vittime
“File: 세월호 Sewol Gedenken am Bahnhof.jpg” by Jens-Olaf Walter on Flickr licensed in CC BY-NC 2.0

Comportamento del capitano, arresti e processi

Il comandante Lee Jun-seok fu tra i primi ad abbandonare la nave, attorno alle ore 9:46, dopo aver atteso oltre 40 minuti prima di rendersi effettivamente conto che l’imbarcazione era ormai perduta. In quel momento egli pensò esclusivamente a se stesso e non seppe adempiere neppure minimamente al suo dovere di capitano. Venne arrestato insieme alla giovane donna che si trovava alla guida della nave e agli altri membri dell’equipaggio che si misero in salvo, ignorando i propri obblighi.

Nel maggio 2014 il presidente della compagnia proprietaria del traghetto fu accusato di omicidio colposo e di violazione delle norme del diritto marittimo. Gli investigatori sostennero che quel giorno l’imbarcazione trasportasse tre volte il peso consentito. Il 14 maggio la procura sudcoreana formulò le accuse di omicidio per il comandante Lee e tre dei componenti dell’equipaggio. Sugli imputati pesava l’accusa di abbandono della nave senza alcun tentativo di evacuazione delle persone a bordo. Questa accusa era aggravata dalla presunta consapevolezza, da parte degli indagati, che quel loro comportamento avrebbe portato sicuramente alla morte di innumerevoli persone.

Il 28 maggio venne poi arrestata anche Yoo Somena poiché suo padre Yoo Byung-eun, proprietario della Chonghaejin Marine Co. operatore del traghetto naufragato, e il figlio maggiore Dae-kyun risultavano essere irreperibili e non rintracciabili. La polizia diffuse gli identikit dei due uomini, arrivando anche a mettere una taglia sulla testa del padre. La fuga dell’uomo terminò il 12 giugno quando il suo corpo venne ritrovato in un campo ad oltre 400 chilometri a sud di Seoul. Mentre il 25 giugno la polizia di Incheon riuscì finalmente ad arrestare anche il figlio Dae-kyun, che si trovava nella provincia di Gyeonggi.

Il 10 Giugno, nel giorno dell’inizio del processo, nessun legale trovò il coraggio di difendere i 15 imputati e furono di conseguenza nominati dalla stessa corte sei giovani avvocati d’ufficio.

alcune figure politiche rassegnarono le dimissioni

Il 27 aprile, a seguito delle polemiche sorte, il primo ministro sudcoreano Chung Hong-won diede le proprie dimissioni e venne preso a schiaffi e spintoni quando decise di presentarsi ai parenti delle vittime che si trovavano riuniti in una palestra vicino al luogo del disastro. Chung fu poi bersaglio di diverse accuse per l’errata gestione dello stato di emergenza insorto in tale occasione.

La presidente Park Geun-hye si scusò innumerevoli volte pubblicamente per l’accaduto. Il 19 maggio, in lacrime, annunciò lo scioglimento definitivo dell’intera Guardia Costiera sudcoreana, che era stata bersaglio di proteste poiché ritenuta non in grado di evitare la tragedia nonostante le richieste di soccorso fossero giunte alquanto tempestivamente. Al suo posto si è dato spazio alla formazione di un organo speciale di sicurezza adeguatamente preparato ad affrontare disastri come quello che ha riguardato il Sewol. 

Un ultimo gesto di vicinanza da parte del vice-preside ai suoi giovani studenti dispersi

Il cinquantaduenne Kang Min-kyu, allora vice preside del liceo Danwon frequentato dalla maggior parte delle vittime, quel giorno si trovava insieme ai giovani sul traghetto, ma diversamente da molti degli alunni si salvò. Poco tempo dopo si suicidò impiccandosi ad un albero. Fu possibile dedurre la causa del suicidio da un foglietto rinvenuto nel portafogli dell’uomo. Nel foglietto è possibile leggere tutto il dolore provato dall’uomo, quel docente che aveva organizzato personalmente e dettagliatamente quella tragica gita e per il quale sopravvivere da solo, quando vi erano ancora più di 200 ragazzi dispersi, era divenuto un peso troppo grande da sopportare. La nota terminava con la richiesta di cremazione del proprio corpo, le cui ceneri poi sarebbero dovute essere sparse sul luogo dell’incidente. Come simbolo della volontà di questo insegnante di restare al fianco dei propri studenti, fino alla fine.

La campagna del Fiocco Giallo e “Culture can’t explain it all”

Nonostante il numero delle vittime continuasse a salire giorno dopo giorno, furono molti i cittadini coreani che mostrarono il proprio supporto alle famiglie che attendevano speranzose il ritorno dei propri cari. Questo supporto fu tangibile con l’adesione dei cittadini di tutta Corea alla campagna “Fiocco Giallo”, per tenere vivo il desiderio di trovare ancora dei sopravvissuti. Così luoghi e strade della nazione si colorarono di giallo speranza.

La campagna del fiocco giallo
Le strade di tutta la corea si riempirono di fiocchi gialli
“File: Yellow Ribbons One Black.jpg” by screenpunk on Flickr licensed in CC BY-NC 2.0

Nell’Aprile del 2014 comparve sul Korea Times un articolo dal titolo “Culture can’t explain it all” che faceva riferimento alle riflessioni fatte da un giornalista della CNN solamente due giorni dopo il disastro. 

 “Il prezzo della cultura coreana che viene trasmesso ai propri figli è l’obbedienza, quindi se un adulto gli avesse detto di non muoversi, loro sicuramente non si sarebbero mossi”

Giornalista della CNN

Questa purtroppo rappresentava una verità straziante e durissima da accettare per i genitori delle giovani vittime. Poiché erano stati proprio loro ad insegnare ai figli il senso di obbedienza e di ascolto nei confronti delle persone più grandi di loro. Tanto che, nonostante riuscissero perfettamente a vedere e a capire cosa stava accadendo in una situazione così tragica, la loro fiducia nell’ordine impartito dal capitano rimase immutata, portandoli purtroppo ad una morte certa.

È alquanto interessante notare come ad ogni grande tragedia che ha colpito la Corea del Sud si siano susseguite delle vere e proprie analisi socio-culturali. In queste minuziose indagini si è sempre messo in discussione il ruolo della cultura coreana ponendo particolare attenzione alle concrete ed indiscutibili divergenze di autorità esistenti tra giovani ed anziani. Un altro elemento di rilevante importanza sul quale si sono costruiti questi studi è la scarsa autonomia decisionale che caratterizza le genti coreane.

la filmografia per non dimenticare

Per impedire che questa immane tragedia venisse dimenticata, fiorì la filmografia attorno a questo accadimento. “Upside Down”, “Intention”  e “In the Absence” sono tre documentari che raccontano il naufragio del Sewol. “Birthday” invece è un film drammatico che prende spunto da quanto accaduto quel giorno. 

Molti fan e testate giornalistiche hanno speculato poi su come il video musicale del brano Spring Day della boyband BTS, uscito nel febbraio del 2017, ispirato al film Snowpiercer di Bong Joon-ho e alla novella Quelli che si allontanano da Omelas di Ursula K. Le Guin possa essere stato in realtà influenzato in parte anche dal naufragio del Sewol. Il video inoltre racchiude molteplici simbolismi e concetti quali ad esempio giovinezza, morte, amicizie perdute, vita nell’aldilà ed estremo saluto oltre a trattare nozioni quali la perdita, la nostalgia, il sostegno tra pari, l’empatia e la dedizione. Tutti elementi che, conoscendo la storia del Sewol, verrebbe naturale ricollegare al naufragio.

Il naufragio del Sewol
La popolazione coreana tutt’oggi vuole sapere la verità e non dimentica l’accaduto
“File: Sewol.jpg” by Simon Williams-Im on Flickr licensed in CC BY-SA 2.0

Tutt’ora questo tragico avvenimento non è stato dimenticato e probabilmente rimarrà vividamente impresso nelle menti dei coreani per molti e molti anni a venire. Tanto è vero che anche quest’anno, in concomitanza con l’anniversario dell’avvenimento, su Twitter si sono susseguiti diversi messaggi di cordoglio e di ricordo per le vittime, accompagnati da hashtag che hanno riempito la classifica dei trend del social coreano per molte e molte ore.

FONTI sul il naufragio del Sewol

La Corea vista da un italiano La tragedia di Sewol
Euronews Il traghetto verso terra
Asianews Quattro anni dopo la tragedia del Sewol, il governo viene condannato
dw.com South Korean court holds government accountable for 2014 Sewol ferry sinking
BBC.com Sewol disaster ferry raised in South Korea after three years