L’hanji è la carta coreana tradizionale, un materiale dalle caratteristiche peculiari ed uniche.
Nell’artigianato e nelle arti tradizionali coreane, un ruolo di rilevante importanza lo gioca la carta. Non si tratta però della carta che conosciamo, di quella che usiamo quotidianamente e che possiamo procurarci nelle nostre cartolibrerie. Tutt’ora, in Corea, la carta prodotta a mano secondo la tecnica tradizionale coreana risulta essere superiore ed indispensabile per determinati impieghi. La carta tradizionale coreana, chiamata hanji, presenta infatti caratteristiche che la rendono a dir poco migliore per determinati e specifici utilizzi.
differenze tra l’hanji e la carta occidentale
La carta moderna viene prodotta con una pasta di legno dalle fibre corte ed è inoltre trattata con agenti chimici. Presentando caratteristiche quali un’ottima opacità ed una grana particolarmente fine, può risultare perfetta per alcuni scopi quali la stampa. Purtroppo però, queste stesse qualità e gli agenti chimici con i quali viene trattata la rendono fragile e facilmente scoloribile e deperibile con il passare del tempo. Inoltre, in confronto al hanji, risulta essere meno pieghevole e più facilmente soggetta a strappi.
Per produrre la carta coreana hanji si parte da un elemento base, ovvero la pasta ottenuta dalla corteccia delle piante di gelso. Le fibre che compongono questa particolare cellulosa risultano essere molto lunghe rispetto alle altre. Questa caratteristica, che permette ai filamenti di rimanere ben intrecciati tra di loro durante il processo produttivo, è ciò che rende possibile la creazione di una carta molto forte, pieghevole e resistente al tempo. Inoltre, il materiale che viene impiegato durante il processo di incollatura non è chimico, bensì si ottiene dalla linfa stessa del gelso, permettendo alla carta di conservare il proprio colore e la propria capacità di piegatura. Queste caratteristiche, insieme alla consistenza ed all’assorbenza della carta hanji l’hanno resa da sempre una dei fogli più graditi da calligrafi e pittori di tutto l’Oriente.
gli usi di questa carta
Tradizionalmente, la carta hanji non era impiegata solo nella pittura, nei testi più importanti come ad esempio l’Uigwe e per la scrittura con il pennello. Veniva di fatti utilizzata per gli infissi delle case antiche coreane, poiché rappresentava un ottimo isolante in grado al contempo di lasciare penetrare la luce esterna. Essa è anche sufficientemente robusta per realizzarvi spaghi e corde. Viene inoltre spesso oleata, laccata o trattata in altro modo per permetterne la creazione di ulteriori oggetti di uso comune quali scatolette, contenitori per documenti, bambole, statuette sacre. Delle volte veniva addirittura impiegata come materiale per la creazione di abiti.
Uno degli usi più moderni e comuni di questa carta risulta essere quello della decorazione di ambienti.
le fasi iniziali della creazione della carta hanji
Il processo produttivo della carta hanji inizia nei mesi invernali con il taglio dei rami degli alberi di gelso. Come abbiamo già precedentemente citato, il gelso è l’albero ideale dal quale ottenere la pasta di legno perfetta per la produzione di questa carta poiché queste piante possiedono fibre soffici e tenere.
Nel passo successivo i rami precedentemente raccolti vengono trattati con il vapore per permettere di separare legno e corteccia più facilmente. Questi rami vengono poi immersi per una decina d’ore in acqua corrente fredda. Successivamente si passa a staccare la corteccia servendosi di un coltello. Questa viene a sua volta pelata per ricavarne solamente la scorza bianca interna, che successivamente subisce un ulteriore processo di essiccazione naturale. Quando risulta essere ben essiccata, viene nuovamente posta in ammollo in acqua corrente fredda per un periodo di 24/48 ore. A questo punto, la corteccia viene tagliata in pezzi della lunghezza di 30-40 centimetri. Queste fettuccine di corteccia verranno poi fatte bollire in un calderone per 4 o 5 ore.
completamento del processo
Terminato questo tempo vengono mescolati con del ranno, un componente altamente alcalino. Questa sostanza non è altro che dell’acqua di cenere. Viene prodotta facendo passare attraverso un setaccio, accuratamente rivestito da una rete, ceneri di grano saraceno (o di fagioli) ed acqua bollente. Il ranno può considerarsi pronto all’uso quando risulta essere viscido. La corteccia bianca, di natura fortemente alcalina, viene fatta quindi bollire con il ranno per poterne ottenere, grazie ai vari processi chimici che si innescano, una fibra relativamente pura. La corteccia bianca che ne risulta deve subire svariati lavaggi in acqua corrente pulita per riuscire a neutralizzarne l’alcalinità. Questa viene poi stesa al sole dove asciugherà, acidificherà e sbiancherà. Dopo quest’ultima fase di sbiancatura, la corteccia subisce un trattamento ulteriore nel quale verrà spianata e ne verranno eliminati gli eventuali grumi.
Come abbiamo precedentemente citato, si procede poi con il pestaggio della pasta bianca di legno di gelso. Questa operazione può essere compiuta sia manualmente che meccanicamente, ma in entrambi i casi il movimento dovrà essere quello di un pestello nel mortaio. La melma fibrosa che si ottiene viene poi messa in un contenitore di legno e mescolata grazie ad una canna di bambù. Infine viene aggiunto un addensante neutro composto da radici di ibisco. Da qui inizia la fase di produzione dei fogli i carta vera e propria.
Una incredibile carta
Ciò che distingue il metodo di fabbricazione della carta hanji da tutti gli altri metodi è il passo successivo. Nel metodo coreano non vi è la presenza di uno stampo per creare i fogli. Infatti si pone una stuoia di bambù su un’intelaiatura di legno. Questa successivamente viene immersa nel materiale ottenuto attraverso i procedimenti sopra illustrati. L’intelaiatura viene quindi mossa con dei gesti ripetitivi in tutte le direzioni. Ciò serve a permettere all’acqua presente nel materiale di uscire attraverso i bordi della stuoia. Il risultato di questo processo è un foglio sottile di fibre ben intrecciate. Perché lo spessore del foglio sia uniforme, questo viene posto su di una catasta di carta già preparata. Il foglio successivo verrà posto nella direzione opposta. Così facendo si crea un unico pezzo di carta composto da due strati avente lo stesso spessore per l’intera superficie.
La parte restante del processo consiste nella stesura della catasta di fogli finiti. Questa fase serve per rimuovere l’acqua ancora presente. Dopo di che i fogli vengono lasciati ad asciugare al sole. Nel caso in cui alcuni fogli richiedano una finitura maggiormente liscia, si procede a sottoporre i fogli a pressione per vari giorni. Ciò permette di compattare maggiormente la superficie, facendola quindi risultare più liscia.
un legame profondo tra carta e buddhismo
In Corea, vi è da sempre una connessione alquanto profonda ed unica tra buddhismo e carta. Durante il periodo Goryeo, che rappresenta il momento storico in cui il buddhismo era giunto al suo massimo splendore in Corea, si svolgeva un grande lavoro di copiatura e di stampa dei sutra e di altri testi. Ciò naturalmente richiedeva una fonte affidabile di carta di alta qualità. Per questa ragione i monaci di molti monasteri dislocati su tutto il territorio nazionale coreano decisero di dedicarsi alla creazione di carta al fine di contentare questa necessità. Svilupparono quindi le tecniche portandole ad un livello di perfezione tale che la carta coreana divenne molto apprezzata e ricercata in tutto l’Estremo Oriente.
Con la caduta del regno di Goryeo, i monaci e le monache si ritrovarono costretti a produrre carta per la nuova burocrazia di impronta neo-confuciana. Purtroppo però, le loro condizioni di lavoro non erano affatto buone ed il ricavato economico risultava essere ben poco vantaggioso. Gradualmente, sempre più monaci si ritrovarono ad abbandonare questo lavoro e molti lasciarono addirittura i conventi, tanto che nel XVI° secolo i monaci buddhisti non fabbricavano più carta.
La produzione di carta era passata completamente nelle mani dei privati che però fecero un lavoro nettamente meno curato, poiché il loro scopo principale era trarre profitto da questa attività e non produrre della carta di qualità superiore.
longevità della carta hanji e il suo ritorno
Ma com’è possibile che la carta hanji si sia potuta conservare per oltre mille anni? La risposta la si può trovare nel procedimento di bollitura della corteccia nel ranno. Questo processo infatti fa in modo che la fibra assorba le particelle di carbone di legna, aumentandone le qualità conservanti e mantenendo l’adesività dell’addensante di radice neutra di ibisco.
L’eccellente combinazione tra i tre materiali principali quali: fibra (il gelso che costituisce il materiale base della produzione di questa carta), carbone di legna (ranno) e adesivo (ibisco del tramonto che è l’unico collante utilizzato nella produzione di questa carta) rappresenta il vero segreto della sua produzione. È interessante notare come oggigiorno si sia verificato un aumento della domanda di carta senza acidi. La carta senza acidi moderna, però, non riesce ad eguagliare la carta coreana hanji ed essere quindi realmente libera da qualsiasi acido e, di conseguenza, in grado di mantenersi quasi completamente inalterata per millenni.
Alcuni artigiani coreani hanno cominciato a dedicarsi nuovamente a tutto il processo tradizionale di creazione di carta hanji di qualità eccezionale, riuscendo a portare avanti e a tenere viva questa tradizione.
FONTI
La Corea vista da un italiano per le informazioni principali riguardo la carta coreana
Wikipedia per ulteriori e specifiche informazioni
Yongbi Eocheonga: immagine tratta da Wikimedia Commons
Immagine di copertina: Notes on the Renovation of Sangwonsa Temple in Odaesan Mountain tratta da Wikimedia commons
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