
Nel 2021 sono stato intervistato da Andrea Cantamessa, portavoce di un gruppo di ricerca universitario presso il SAE Institute di Milano. L’intervista sul K-Pop all’organizzatore di eventi e produttore di artisti aveva come obiettivo quello di apprendere le relazioni che intercorrono tra le industrie creative coreane e quelle italiane, e non era fino ad oggi stata pubblicata sul web.
L’industria discografica coreana presenta delle caratteristiche uniche nel suo genere come: artisti creati a tavolino, fenomeno degli idol, generi contenenti moltissime influenze musicali diverse e coreografie ad hoc. Secondo lei, può una di queste peculiarità essere integrata con successo nel mercato musicale italiano?
Premetto che tutta la fenomenologia del pop coreano (o K-Pop), con le sue varie caratteristiche, è figlia diretta del pop giapponese: artisti creati come prodotto da vendere, idol come endorser e influencer prima che come artisti individuali, influenze musicali, importanza delle coreografie, ecc. L’esempio più vicino al mercato giapponese e coreano è stato il successo delle Spice Girls negli ’90, con le successive band che ne imitavano lo stile.
Alcune delle caratteristiche di questo fenomeno lo rendono difficilmente replicabile in Europa: innanzitutto gli artisti che vediamo sullo schermo devono quasi annullare la propria personalità, se non la propria persona, per mettersi nelle mani di quello che possiamo considerare l’artista vero e proprio: il produttore. Una cosa non impossibile in alcuni Paesi asiatici, dove il gruppo (inteso come collettività, gruppo sociale) ha, ancora, più importanza dell’individuo.

Sotto molti punti di vista un gruppo idol con il loro produttore sono più assimilabili ad un esercito con il loro generale, che ha potere decisionale assoluto. E’ il produttore a decidere, in un misto di geniale intuito e ricerche di mercato, come gli idol si devono muovere, vestire, cosa dicono alle interviste, ecc.
Mi viene in mente un altro esempio di successo in Europa, anzi proprio in Italia: le ragazze di Non è la Rai con Gianni Boncompagni, che si dice arrivasse a suggerire ogni battuta tramite auricolari.
Non è un fenomeno facilmente replicabile anche per questioni economiche, oltre che culturali. Creare un gruppo di alto livello ha bisogno di ingenti capitali da investire nella formazione degli artisti, e in tutta la squadra che ci sta dietro: dai costumisti ai compositori, dai coreografi ai video maker. E’ molto rischioso investire tali capitali con il rischio che poi gli artisti si liberino dal contratto e perseguano una carriera solista, e sembra che dalle nostre parti ci sia meno propensione al rischio (ma lo vediamo anche nel campo delle start-up, che devono rivolgersi all’estero per trovare investitori).
Quali sono le principali ragioni che hanno permesso l’ascesa del cinema coreano in Occidente?
Idee originali, spinta di capitali che ne hanno permesso la promozione, concomitanza della diffusione di altre forme di produzione culturale coreana, tra cui musica pop e telefilm (o K-drama).
La crescita esponenziale di ascolti in tutto il mondo di musica cantata proveniente dalla Corea dimostra che oramai la barriera linguistica risulta pressoché superata. Ritiene che tale fenomeno possa vedere l’Italia come protagonista in un futuro prossimo?
Penso che la barriera linguistica non sia mai stata un problema. Non le era per la musica lirica italiana nell’800 e non lo è stata negli scorsi decenni per il metal o il rap americani. O pensate che il tipico teenager italiano che ascolta gangsta rap capisca le parole senza cercarne le traduzioni su internet?
Il problema non è tanto la barriera linguistica, quanto quella economica. Quando il mercato italiano riuscirà a prendere un giovane artista con idee originali e investire sulla sua carriera qualche milione di euro, la musica pop italiana potrà avere possibilità di farsi conoscere nel mondo. Non scordiamoci che la musica lirica italiana, parte di un movimento che ha fatto fiorire tutte le arti italiane di quel periodo, aveva la spinta di mecenati pronti ad investire nella costruzione di teatri, costumi, scenografie al livello dei concerti dei Pink Floyd (o degli idol coreani, per chiudere il cerchio).

Seguendo il discorso precedente, la fanbase è senza dubbio una delle certezze più grandi per quanto riguarda l’economia di un artista. Sarà mai possibile osservare gli stessi fenomeni di fandom inerenti agli artisti coreani legati però ad un artista italiano?
Vasco Rossi ha un fandom che non ha niente da invidiare agli idol asiatici. La differenza è che il suo è stato un percorso dove molta importanza l’hanno avuta il suo carisma personale, la sua storia travagliata e coinvolgente, il personaggio che ha saputo fare di sé stesso, l’istintiva intelligenza nella creazione della propria immagine. Nel caso degli artisti dalla Corea del Sud c’è l’istinto del produttore, ci sono le capacità degli artisti, ma c’è soprattutto tanta tanta ricerca di mercato, e un team di social media manager che aiuta gli artisti a tenere i rapporti con i fan.
Quali sono, secondo lei, le principali strategie adottate nelle industrie creative coreane e quali sono le differenze con il mercato italiano?
Credo di aver già risposto a questa domanda all’interno delle precedenti. La strategia si basa più o meno su questa scaletta:
- invenzione di un “concept” (che potremmo tradurre come tema);
- casting;
- in contemporanea al casting, creazione di curiosità per ciò che si sta facendo grazie a una forte partnership con i media, gli sponsor e i fanclub;
- allenamento per mesi, se non anni, dei ragazzi del gruppo idol;
- lancio del gruppo con concerti, merchandising, CD, presenze in TV, collaborazioni con artisti già noti.
Fonte dell’intervista sul K-Pop all’organizzatore franceschinelli
Tratto dalla ricerca per il Sae Institute di Milano, Diploma Accademico di primo livello in Produzione Audio / 32C0-ABST56 – Sociologia dei nuovi media
Team Leader: Giulia Giardina
Studenti: Alessandro Bonacina, Andrea Cantamessa, Giulia Giardina, Mario Covaliu, Samuele Bergamini
Domande all’organizzatore K-Pop poste da Andrea Cantamessa
Data di consegna: 21/02/2021
Docente: Alessandra Micalizzi
SAE Italia S.r.l. International Technology College
Silvio Franceschinelli, Autore presso Cultura Coreana (cultura-coreana.it)
Altri capitoli della stessa ricerca sul mercato Hallyu di cultura coreana:
Hallyu: cultura coreana in occidente
Il mercato discografico in Corea del Sud
Industria cinematografica e K-drama
Intervista sul K-Pop all’organizzatore di eventi Silvio Franceschinelli
Intervista: Dino Lupelli