Hallyu: cultura coreana in occidente

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È ormai innegabile che nell’ultimo decennio la Corea del Sud abbia compiuto dei passi da gigante nell’ambito delle industrie creative, rivoluzionando completamente tale ambito e rendendolo dipendente da numerosi parametri che stanno iniziando ad insediarsi anche nel mondo occidentale. Essendo un fenomeno ormai ben radicato nell’immaginario del semplice consumer, ma anche dell’addetto ai lavori, un gruppo di ricerca universitario presso il SAE Institute di Milano ha svolto uno studio per approfondire l’idea di Hallyu: cultura coreana e le relazioni che intercorrono tra le industrie creative coreane e quelle italiane, con una ricerca fino ad oggi mai pubblicata sul web. Il gruppo di studio ha ritenuto opportuno condurre un’indagine che andasse a sviscerare le dinamiche di fondo di tale prodotto creativo, il modo attraverso cui quest’ultimo viene quotidianamente percepito dal consumatore e soprattutto il rapporto che intercorre tra l’apparato dei media creativi nostrani e quello coreano.

Per poter procedere ad un’analisi coerente dal punto di vista sociologico, è necessario introdurre il concetto di Hallyu (in hangul 한), fondamentale per comprendere l’enorme espansione territoriale dell’arte multimediale coreana, a partire dagli anni ‘90. Al contrario di numerosi Paesi che subirono la terribile crisi economica asiatica del 1997 infatti, la Corea ebbe la forza e la lungimiranza di puntare in una ripresa data in gran numero dai prodotti delle industrie creative.

Hallyu: cultura coreana

Cinema, tv e musica furono le tre colonne portanti di una politica culturale mirata non solo ad una ripartenza finanziaria, ma anche all’istituzione di un’egemonia culturale nell’ambito del multimediale. Dopo l’uscita del primo film ad alto budget coreano Swiri (1999), che incassò in casa più di Titanic (1997), il Paese iniziò ad esportare attivamente i propri prodotti creativi, specialmente i cosiddetti K-drama, da molti considerati di qualità pari se non superiori alle controparti nord e sudamericane.

L’intero Oriente venne immediatamente investito da questa “ondata coreana”, specialmente Cina e Filippine. Nello stesso periodo, iniziarono ad arrivare anche i primi successi discografici fuori dai confini: un nuovo concept basato perlopiù su boyband o girlband (senza escludere artisti solisti che riscossero un’eccellente fortuna, come BoA), appositamente allenate all’arte della musica, della danza e della recitazione. Il K-pop fu pertanto anch’esso determinante nell’alimentare un’attenzione nei confronti del mondo dell’intrattenimento coreano, nonostante in primo momento il pubblico occidentale si vide del tutto escluso.

Il primo vero esempio di coinvolgimento da parte del pubblico europeo e statunitense si ebbe infatti nel 2013, con il popolarissimo brano Gangnam Style (2013) del cantante PSY. A quest’ultimo va il merito non solo di aver portato la musica coreana ad una vetta mai raggiunta prima d’ora in termini di popolarità, ma anche di aver letteralmente spalancato le porte della cultura coreana all’occidente, prima di gran lunga oscurata dalla millenaria tradizione cinese e giapponese, da sempre ritenuta affascinante dalle popolazioni non asiatiche.

Non è inoltre da tralasciare il cambiamento enorme in materia d’immagine che la Corea si è ritrovata a sostenere a seguito della Korean-wave: agli inizi del millennio il Paese, in termini d’industria, veniva principalmente collocato, dall’immaginario collettivo, in uno specifico cluster, quello dell’industria automobilistica ed elettronica. Marchi come Hyundai, Kia, Samsung e LG, per quanto estremamente conosciuti all’estero, non hanno permesso un così profondo distaccamento rispetto al vicino Giappone, in termini culturali. Al contrario, dal momento in cui il fenomeno della Hallyu iniziò a diffondersi in larga misura, il volto della Corea assunse un valore diverso, soprattutto in termini estetici.

Artisti musicali ed attori coreani, infatti, non vengono considerati come mere icone del settore creativo in cui operano, ma come veri e propri araldi dei canoni culturali del proprio Paese. L’esempio più esplicativo di tale fenomeno è visibile attraverso il grande impatto che la Korean wave ha comportato in termini di look: numerosi disegni di ricerca affermano che così come le donne del sud-est asiatico e Cina riconoscono la Corea come nuovo ideale di bellezza, così il mondo della cosmesi occidentale sta via via sempre più seguendo tali canoni.

Cosmetici e skincare coreana
I cosmetici sono un grosso business in Asia, soprattutto Corea del Sud e Giappone

Il fattore della Hallyu che genera maggiore interesse però non è tanto la celere ascesa del fenomeno, alla quale l’universo delle industrie creative è da sempre abituato (vedi la British invasion), ma piuttosto l’impronta lasciata in un insieme di Paesi che presentano scale di valori completamente diverse. In Occidente, infatti, l’indipendenza e la realizzazione dell’Io all’interno della società è un valore imprescindibile, come viene sottolineato costantemente dalla musica pop odierna. Al contrario, i valori dell’Oriente vedono al vertice della piramide lo status sociale che un individuo detiene e la sua posizione e affiliazione all’interno di una collettività più grande.

Riuscire pertanto nell’impresa di esportare tali valori sociali attraverso i media propri dell’industria creativa, a radicarli nella mente del pubblico in pochissimo tempo e a costruire un fandom tra i più solidi e popolosi del business, sono senza dubbio azioni che garantiscono (e garantiranno ancora, per molti anni) alla Corea una posizione di rilievo all’interno del panorama dell’intrattenimento e che potrebbe addirittura spodestare il grande colosso statunitense. Il motivo di tale affermazione è presto detto: il pieno supporto da parte del governo coreano, una carta importantissima per vincere la partita sul piano dell’entertainment.

È proprio a seguito dell’uscita del già citato “Swiri” nel 1999 che numerose personalità politiche iniziarono una campagna di sostegno senza sosta verso le industrie creative, tra tutti il XV presidente (nonché premio Nobel per la pace nel 2000) Kim Dae-jung, del tutto convinto che tale ambito avrebbe rappresentato un roseo futuro per il Paese. Autodefinitosi “Presidente della cultura”, egli stanziò nello stesso anno 148 milioni di dollari (pari al 0,03% dell’allora PIL nazionale) come sussidio per sostenere il dialogo e soprattutto l’esportazione della cultura pop coreana all’estero, attraverso prodotti multimediali. Tale stima di successo si rivelò più che esatta, portando il governo a stanziare dal 2017 al 2021 5.3 miliardi di dollari, pari a circa lo 0,4% del PIL nazionale.

Storia del Kpop
2013 K-POP World Festival in Changwon October 20, 2013

Nel giro di soli 20 anni quindi, il supporto economico del governo in relazione alle sue finanze si è decuplicato. Senza alcun dubbio tale incremento d’interesse nei confronti della materia creativa da parte del Paese è frutto dell’enorme successo che la secondo fase della Hallyu (2.0) ha comportato, grazie soprattutto alla piattaforma YouTube, che ha permesso una rapida fruibilità dei contenuti da parte degli utenti, in special modo occidentali. La componente grafica infatti (come verrà meglio analizzata in altri articoli su questo sito) ha giocato un ruolo fondamentale affinché i fan riuscissero a connettersi al meglio con il prodotto multimediale offerto: dovendo il pubblico occidentale interfacciarsi con una lingua del tutto diversa dal ceppo indoeuropeo, fu possibile superare tale barriera proprio grazie all’ausilio visivo, che ha inoltre permesso al consumatore di divenire egli stesso produttore di contenuti, quali ad esempio cover coreografiche dei numerosi M/V (music video) K-pop.

Tale processo elevò in aggiunta anche il ruolo del coreografo, dello scenografo e del regista per prodotti musicali, professionisti sempre più vicini alle produzioni hollywoodiane. Nel 2020, il fenomeno della hallyu ha portato ad un totale di circa 100 milioni di fan della cultura coreana; il fenomeno è destinato ad aumentare sempre più e con lui anche la qualità delle produzioni, che provano al mondo intero quanto l’industria creativa e culturale sia un settore su cui ogni Paese dovrebbe puntare per investire sul futuro.

Articolo Hallyu: cultura coreana

Tratto dalla ricerca per il Sae Institute di Milano, Diploma Accademico di primo livello in Produzione Audio / 32C0-ABST56 – Sociologia dei nuovi media

Team Leader: Giulia Giardina
Studenti: Alessandro Bonacina, Andrea Cantamessa, Giulia Giardina, Mario Covaliu, Samuele Bergamini
Domande all’organizzatore K-Pop poste da Andrea Cantamessa
Data di consegna: 21/02/2021
Docente: Alessandra Micalizzi

SAE Italia S.r.l. International Technology College

Altri capitoli della stessa ricerca sul mercato Hallyu di cultura coreana:
Hallyu: cultura coreana in occidente
Il mercato discografico in Corea del Sud
Industria cinematografica e K-drama
Intervista sul K-Pop all’organizzatore di eventi Silvio Franceschinelli
Intervista: Dino Lupelli
Intervista: Emiliano Alborghetti

Fonti

Viscusi, G. (2016) Il Vero e il Bello nel Cinema Coreano: Youcanprint Edizioni;
Dalla Gassa, M., Tomasi, D. (2010) Il cinema dell’Estremo Oriente. Cina, Corea del Sud, Giappone, Hong Kong, Taiwan, dagli anni Ottanta ad oggi, Torino: UTET Università;
Chuyun, O. (2015) Queering Spectatorship in K-pop: Androgynous ‘Flower Boys ’and Western Female Fandom, Austin (TX): Journal of Fandom Studies;
Laurie, T. N. (2017) Toward a Gendered Aesthetics of K-Pop, Londra: Routledge;
Kallen, S. (2014) K-Pop: Korea’s Musical Explosion, Minneapolis (MN) Twenty First Century Books;
Lyan, I., autori vari (2015) When Gangnam Hits the Middle East: Re-makes as Identity Practice, Gerusalemme: Edizioni dell’ Università Ebraica;
Autori vari (2017) Strengthening the Creative Industries For Development in the Republic of Korea, New York & Geneva: United Nations Conferences;
Doobo, S. (2011) Waxing the Korean Wave, Singapore: ARI Università Nazionale di Singapore;
Brugnolo, E. (2019) La diffusione del K-Beauty e Il Caso Amorepacific, Padova: Università degli Studi (Dipartimento di scienze economiche ed aziendali).
Sun-hwa, D. (2021) “Number of hallyu fans around the world surpasses 100 million”, The Korea Times [online]. Disponibile presso: https://m.koreatimes.co.kr/pages/article.asp?newsIdx=302463 (consultato: 2 Febbraio 2021)

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