Negli anni ’90 e fino ai primi anni del 2000, l’industria cinematografica coreana ha goduto di una crescita soddisfacente e i Kmovie sono diventati una parte importante della Hallyu (Korean Wave), il boom della cultura coreana nel mondo, iniziata nei primi anni 2000. Kmovie: anni ’90 come un rinascimento del cinema coreano e della cultura pop in generale del Paese, dopo gli alti e bassi degli anni ’70 e ’80.
Gli anni ’90 e l’inizio dei 2000
La trasformazione dell’industria cinematografica coreana negli anni ’80 e il rilassamento del controllo governativo, la comparsa di cineasti indipendenti e gli investimenti dei chabeols (grossi conglomerati industriali) aprirono la via al rinascimento dell’industria del cinema. Ci fu una significativa crescita. La quota di mercato dei film coreani nel mercato locale crebbe dal 23,1% del 1996 al 35,8% nel 1998 e ulteriormente, oltre il 50%, nel 2001.
Furono infranti molti record al botteghino. Per esempio, il thriller di spionaggio Swiri (쉬리) fu un grande successo nel 1999 con un record al botteghino di 6,2 milioni di biglietti, più di Titanic (4,3 milioni) nel mercato coreano e guadagni sufficienti a pagare il suo enorme budget di 8,5 milioni di dollari US.
Joint Security Area (공동경비구역) del 2000 e Friend (친구) del 2001 hanno richiamato 5,8 milioni e 8,1 milioni di spettatoli, rispettivamente. Silmido (실미도) del 2003 e Taegukgi (태극기 휘날리며) del 2004 sono stati i primi film coreani a superare i 10 milioni di spettatori.
La crisi finanziaria del 1997 colpì duramente i grandi chaebol come Samsung, che si ritirò dalla produzione di film per concentrarsi sulle proprie attività principali. La seconda generazione di chaebol come CJ, Lotte e Orion, e i venture capitalist divennero i maggiori investitori nel cinema coreano.
Inoltre, il boom delle aziende di internet portò grossi capitali nell’economia. Alcuni imprenditori crearono siti web in cui il pubblico generale poteva investire nella produzione di film, con crowd funding. Ad esempio la commedia coreana The Foul King (반칙왕) del 2000 raccolse 100 milioni di won grazie a 464 investitori, ognuno dei quali ebbe un ritorno del 97%.
I record
Con la comparsa delle catene di cinema multiplex, come CJ-CGV, Megabox e Lotte Cinema in cui investivano i chaebol, il numero di sale crebbe drasticamente dalle 511 del 1996 alle 1.648 del 2005. Questa crescita rese possibile i nuovi record al botteghino. Per esempio Silmido e Taegukgi uscirono contemporaneamente in 300 o 400 sale in Corea del Sud (un terzo delle sale nazionali), riuscendo a superare i 10 milioni di biglietti venduti.
Tra il 2010 e il 2012, a Padova, il festival del cinema e della cultura orientale ESTremamente Orientale organizzato da Ochacaffè promuove e rende popolari film coreani di nicchia, e la stessa funzione viene svolta a Udine dal Far East Film Festival.
My Sassy Girl (엽기적인 그녀) del 2001, popolare in tutta l’Asia, è stato probabilmente il primo successo Hallyu della cinematografia coreana. Perfino i produttori di Hollywood e Bollywood hanno girato remake di questa pellicola. Grazie al fenomeno Hallyu, le esportazioni di film coreani schizzarono dai 400.000 US$ del 1996 ai 75 milioni US$ del 2005.
Riconoscimenti e premi per i Kmovie: anni ’90 e 2000
Fuori dalla Corea del Sud, l’industria cinematografica coreana ricevette riconoscimenti dalla comunità internazionale vincendo vari premi ai festival internazionali. Per esempio, Im Kwok-taek ha vinto il premio come miglior regista per il film Chihwaseon (취화선), al Cannes Film Festival del 2002.
Lee Chang-dong e Moon So-ri hanno vinto il premio speciale regia e il premio Marcello Mastroianni al Festival del Cinema di Venezia del 2002 con il film Oasis (오아시스). Park Chan-wook ha conquistato il Grand Jury Prize a Cannes nel 2004 per il film Old Boy (올드보이), e nello stesso anno Kim Ki-duk ha vinto come miglior regista per il film Samaria (사마리아) a Berlino e per il film 3-Iron (빈집), a Venezia.
Fonti
Kalbi Chiu, Korean Culture Blog Kmovie: anni ’90
Jennifer Rousse-Marquet, “The unique story of the South Korean film industry“, ina global, 2013-10-07
Daniel Tudor, Korea: The impossible country, Tokyo; Rutland, Vermont; Singapore: Tuttle Publishing, 2012, pp. 229-239
Darcy Paquet, “A short history of Korean film“, Koreanfilm.org, 2007-03-01
“The king, the clown and the quota“, The Economist, 2006-02-16
Kim Mee-hyun (ed.), Korean Cinema: from origins to renaissance, Korean Film Council, 2006